Il precariato giovanile tra gli under 25 è in costante aumento, ad oggi in Italia il 30% dei ragazzi è disoccupato o impegnato in lavori saltuari o con contratto a breve termine. Siamo insomma una generazione di precari. Il futuro di chi esce dal liceo e inizia a lavorare e di chi invece inizia la carriera universitaria è diventato ormai molto simile, in entrambi i casi si andrà incontro a lavori sottopagati, della durata di pochi mesi e che non gettano assolutamente le basi per un impiego lavorativo stabile.
Proprio questo fattore ha contributo ad affermare la tendenza di chi non vedendo via d’uscita in nessuna delle due strade, decide di non imboccarne nessuna, i cosiddetti “Neet”, ovvero coloro che né studiano né cercano lavoro: in Italia sono il 12,6% dei giovani.
Tutto ciò è in gran parte frutto della ‘legge 30’ del 2003(legge Maroni o legge Biagi), con la quale si asseriva di dare trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro, oltre alla tanto decantata flessibilità. In realtà ciò che ha comportato questa legge non è stato altro che una serie di numerose e fantasiose tipologie contrattuali, le quali hanno però un comune denominatore: la minor tutela del lavoratore.
La bassa retribuzione, la facilità con cui si viene licenziati e quindi la mancanza di tutele valide, spostano inevitabilmente il significato della parola flessibilità verso quello di precarietà. Ma ciò che essa nega non è solo stabilità economica, essa nega il nostro diritto al futuro, il nostro diritto ad un progetto di esistenza, mina alla radice dei diritti fondamentali per la crescita di ogni individuo.
Non sono ancora state fornite risposte seria per la riduzione di questo fenomeno, mancano totalmente politiche valide e degne di essere prese in considerazione, ci si limita soltanto a denunciare la gravità della situazione, ma intanto essa peggiora senza che nessuno faccia nulla al riguardo.
Ancora una volta la risposta deve partire dal basso, e non solo attraverso la denuncia, ma attraverso la costruzione di progetti comuni, che prendono vita proprio dai giovani e che sono volti a riqualificare e valorizzare le loro potenzialità e capacità, senza passare attraverso le logiche di sfruttamento sulle quali si muovono le industrie e questa politica economica.