Che il governo Monti, e il ministro Profumo in primis, abbia sempre giudicato la riforma Gelmini più che positivamente non è un segreto. «La riforma Gelmini non si tocca» furono le prima parole del neoministro all’Istruzione.
Il sistema adottato da Profumo, più che ammiccare alla recente riforma, sembra proprio seguire la stessa strada implementandone i concetti di base, partendo proprio dalla parola meritocrazia tanto amata dal suo predecessore. Quella meritocrazia che, secondo il ministro Profumo, dovrebbe premiare lo studente migliore dell’istituto d’appartenenza, ovvero lo studente che riesce a conseguire i risultati migliori all’interno di una scuola in cui il diritto allo studio viene sempre più demolito; una scuola didatticamente svuotata in cui l’unica conoscenza accettata è quella del programma ministeriale; una scuola nella quale hai il dovere di accettare tutto ciò che deriva dai piani alti – dal Ministero alla Dirigenza – senza se e senza ma, pena l’abbassamento del voto di condotta che, ovviamente, incide sulla media dei voti. Un premio, insomma, per il futuro cittadino modello, che accetta di buon grado i diktat e ringrazia quando viene tagliato lo stato sociale, dandone la colpa ai “cittadini fannulloni”.
Quello che balza agli occhi in questi giorni è però questa tanto nominata spending review, revisione della spesa, una parola che in sé non porterebbe alcun che di negativo. Evidentemente la lingua inglese non è il pezzo forte della schiera di tecnici, poiché questa spending review altro non è che l’ennesimo taglio al servizio pubblico, dalla sanità all’istruzione. Tramite questa manovra saranno tagliati – ulteriormente – alla scuola pubblica 200 milioni di euro, la stessa cifra che appare nel provvedimento alla voce degli – ulteriori – finanziamenti alle scuole private. Un percorso già iniziato dal ministro Gelmini e che il ministro Profumo continua a perseguire, avendo però un’accortezza in più dell’ex ministro: il taglio viene operato in questi giorni torridi, tra la chiusura delle scuole ed il silenzio mediatico, per evitare il ritorno nelle piazze degli studenti e delle studentesse che tanto avevano avvicinato all’orlo del baratro il ddl Gelmini e, con sé, il governo Berlusconi.
La “private review” offerta dal ministro Profumo non è sicuramente l’ultima tappa del piano d’attacco alla scuola pubblica. Anche il prossimo anno il mirino tecnocratico sarà puntato sull’istruzione. Sta a noi ripartire per una nuova stagione di lotte, che vada a contrastare dal basso la dittatura imposta dalle banche e che cambi le parole d’ordine in una didattica che non riconosciamo più come nostra.